La rovina è il tempo che sfugge alla storia: un paesaggio, una commistione di natura e cultura che si perde nel passato e emerge nel presente come un segno senza significato, o per lo meno, senza altro significato che il sentimento del tempo che passa e che dura contemporaneamente. Quello che ci colpisce nello spettacolo delle rovine, anche quando l’erudizione pretende loro di far raccontare la storia , è la loro capacità di assumere la forma di un’opera d’arte, di un ricordo senza passato.
Marc Augé “Rovine e macerie” (Bollati Boringhieri)
Le tracce delle antiche civiltà non si limitano a monumenti isolati e siti inglobati nella stratificazione dei centri urbani successivi. Esistono città sepolte dal fango e dal tempo, sommerse dal mare, sigillate dalla lava, spianate dal vento, riempite da polvere e sabbia. Rispetto ad altri luoghi che si sono trasformati, hanno percorso tutta la parabola della loro esistenza: fondazione, sviluppo, maturità, decadimento. Sono quindi definitivamente morte, abbandonate, rinvenute per casi particolari o per volontà degli archeologi. Proprio questi luoghi sono per me affascinanti, hanno a che fare con il tempo, hanno finito di essere utili al mondo ma sono importanti per me.